Case History: F.U.L.A.

Un racconto di suoni, linguaggi, identità e suoni diversi ed inclusivi. F.U.L.A. è il nostro primo viaggio, un ponte tra Italia, Senegal e il songwriting Afro Urban.

Oumar Sall aka F.U.L.A., nasce come rapper e si sviluppa artisticamente/musicalmente in ambito Afro Urban

Unisce sonorità di influenza più tradizionale africana, il Sabar e Mbalax di Youssou N’Dour, l’Afrobeat di Fela Kuti, le note dell’approccio urbano dell’Hip Hop, della Trap, fino ad arrivare al sound panafricano, come l’Afro Pop, Afrobeats, Afro House, Coupè Decaler… Non può effettivamente mancare l’influenza lato Internazionale ed Italiano del cantautorato di De Andrè, per esempio. La letteratura italiana, inoltre, è un altro di quegli elementi importanti nella scrittura di Oumar, così come l’impatto dell’incontro con le sue radici attraverso il vissuto in Senegal e le collaborazioni con musicisti e artisti della scena emergente e non senegalese. 

Il risultato è così un racconto di suoni, linguaggi, identità diverse che trovano la loro foce nel fil rouge delle sonorità innovative, internazionali e panafricane, rispondendo così ad un pubblico ampio, di diaspora e non. 

Il suo è stato un processo in crescita all’interno del music business, prima nazionale / locale, per diventare internazionale e fatto di dialogo cross-culturale, in tutte le sue fasi di produzione creativo-artistica / musicale, pianificazione strategico-promozionale, distribuzione e fruizione, connessione e network.

1. Silvia ha voluto innanzitutto conoscere l’artista sul piano personale, valutandone, non solo l’effettivo talento e potenziale, ma soprattutto gli aspetti di possibile scontro, ed ha basato il rapporto su trasparenza e rispetto reciproco, fin da subito.

Abbiamo posto degli obiettivi a breve e medio/lungo termine e concordato uno schema di azioni da seguire in preparazione di un’azione strategica, ponendo le basi sulle sue capacità da sfruttare sui limiti da colmare e superare.

Poi abbiamo creato dei materiali promozionali, per esempio il presskit, per proporlo alle varie realtà di industria culturale e non. 

3. La negoziazione

Inizialmente con Oumar siamo stati contattati da una casa discografica indipendente. La label si è dimostrata molto interessata al progetto F.U.L.A. in quanto artista su cui poter investire. Abbiamo, quindi, ricevuto una prima proposta ufficiale di investimenti e dopo una serie di negoziazioni per sviluppare un progetto sia artisticamente, sia strategicamente valido, abbiamo concluso il “deal”. 

In quanto manager, il compito è stato quello di negoziare una controproposta più corposa, giustificandone la richiesta: Oumar rappresentava uno stile musicale e ad uno stile di vita che ancora in Italia nessun artista aveva mai affrontato a livello commerciale e mainstream. Il prodotto F.U.L.A. , era un “oceano blu”, un mercato nuovo su cui investire in maniera pionieristica, ma per farlo, era necessario investire sulla qualità e e la promozione.

4. La commissione dell’album: produzione e collaborazioni artistiche. 

Non appena ultimate le trattative, abbiamo contattato alcuni produttori di riferimento: non è stato facile. In Italia non vi erano molti produttori che seguissero le sonorità crossover con un’impronta direttamente connessa al mondo Afro Urban. Ci siamo, inizialmente affidati ad alcuni contatti esteri. Poi ad un produttore italiano, Rubens, che assieme ad Oumar ha architettando il progetto “Adouna” in maniera coerente, seguendo una direzione tecnico e artistica molto precisa. 

Per arricchire il progetto Oumar ha “chiuso” con alcune collaborazioni e featuring strategiche ed internazionali. 

Per fortuna, nel tempo la figura del produttore Afro Urban in Italia è stata ricoperta dal nostro Yves the Male che ha infatti anche collaborato con F.U.L.A.. 

Proseguendo con i vari viaggi postumi verso il Senegal e il “periodo senegalese” di Oumar, abbiamo trovato ancora più certezze nelle collaborazioni ponte con artisti, compositori e musicisti senegalesi, arricchendo il catalogo di F.U.L.A. e la sua notorietà nei confronti del Music Business internazionale

Per citarne alcuni: Leuz DiwaneG, PPS the Writah, Alassane Badboy, Dj Crazy, il collettivo di Viking Musik, By Mic, I-Science…

6. Il Covid19 e le sfide successive: dal 2020 in poi.

L’uscita dei due video infatti è avvenuta in un periodo un po’ triste per l’industria musicale italiana, ma abbiamo preso tutti gli aspetti positivi della crisi per generare nuove idee, network, fanbase e legami. 

Con il progetto di EQUIPE54, il collettivo di cui Oumar faceva parte, aveva fatto uscire qualche singolo Afro Urban sotto la direzione artistica di Yves the Male. 

In quel periodo alcuni movimenti come il Black Lives Matter fronteggiano diverse cause e la musica si fece così rappresentante di una componente afro-italiana e non. 

La generazione giovane scalpitava alla ricerca di una vera rappresentanza, versata nei mesi di forzato lockdown e pronta a farsi sentire, impegnata, legata alla vera essenza del secolo: la diversità

Così, al di là del possibile tour saltato e dei vari gig che eravamo riusciti a chiudere prima che si capisse cosa fosse (e cosa avrebbe portato) il Covid, abbiamo continuato a crescere e a renderci sempre più conto di quello che stavamo facendo

Abbiamo iniziato a programmare nuove uscite che avrebbero portato all’attenzione dell’album, ADOUNA, che stava tardando ad uscire. 

Quindi Oumar si è ritrovato nuovamente col piede in Senegal, nella registrazione di “Macumba” e “Touty“; ma prima in italia, rispondendo alla sua community con “Tutti i Colori” e il video girato al mercato fra i colori della frutta e degli articoli da bazar. 

Abbiamo poi proceduto al moodboard dell’album a livello stilistico e storytelling, mettendo all’opera illustratori e team di professionisti. 

Con il ritorno alla terra di origine Oumar è riuscito a recuperare, attraverso uno sforzo personale e artistico, la lingua Wolof, il francese e le connessioni col territorio, non solo rappresentando un artista Italiano, ma anche Senegalese, ma soprattutto il ponte tra Italia e Senegal. 

Attualmente, Oumar è da tempo che vive in Senegal e collabora con artisti e realtà locali anche di cooperazione allo sviluppo, sia economico che culturale, tra italia e Senegal, progetti di impresa sociale, ONG, imprenditoria agricola, lingua e letteratura italiana attraverso le sue skills artistiche, documentari e tour musicali tra Senegal, Italia e tour di divulgazione e coscienza identitaria. 

Inoltre, sta lavorando alle sue prossime uscite, fatte di nuove esperienze e consapevolezze, così come le nostre che ora scriviamo, aggiustando il tiro e capitalizzando i nostri palmares.

Il rapporto con F.U.L.A. è stato per noi determinante. 

Non ancora sotto un aspetto formale,  NoOx nasce come progetto management “NoOx Management” attorno ad alcune figure artistiche. Oumar è stato uno dei primi del nostro roster con cui abbiamo disegnato insieme un percorso che ci ha portato a creare la nostra start up innovativa con un focus così importante come il bridge tra Italia / Europa, Afro community e Africa Sub Sahariana, a partire, per l’appunto dal Senegal, in un gioco di dialogo tra identità, storytelling anti-stereotipi, suoni innovativi ed inclusivi, linguaggi, communities e rappresentanza. 

Artista indipendente, aveva la necessità di un supporto logistico/organizzativo e di un aiuto di direzione artistica. Per cui un giorno, nel 2019, Silvia, la CEO di NoOx, riceve una chiamata:

Ciao, vuoi essere la mia manager?

Catturato il suo interesse, dopo essersi informata sulle sue precedenti creazioni e performance, ed aver valutato il suo potenziale artistico, ho accordato con lui un calendario di incontri.

L’interesse e la “sfida” che Silvia si stava ponendo davanti era più di un semplice management, ma si intendeva prendere nelle proprie mani un progetto che avrebbe cambiato il corso della musica italiana e avrebbe aperto un mercato, professionalizzando le figure intorno al progetto e arricchendo di dignità il racconto di Oumar, attraverso rappresentazione, promozione, strategia. 

2. Concept d’immagine: Afro Urban.

Oumar, quando ci si è presentato aveva già le idee chiare: il messaggio da trasmettere attraverso la sua musica, i mezzi e gli strumenti da utilizzare per creare un prodotto musicale consono alla sua idea artistica e la sua immagine, possedevano già una struttura chiara. Cercava in Silvia qualcuno che lo aiutasse semplicemente a concretizzare le sue idee delineando un percorso di team.

Assieme abbiamo identificato il suo stile musicale, per incanalare la sua figura artistica in un ambito riconoscibile al pubblico: Afro Urban è stato, poi, in evoluzione, quel termine meno limitante: sonorità di origine Africana, afro discendenti, con un approccio urbano

Oltre all’aspetto musicale, abbiamo pensato ad un’identificazione del suo personaggio pubblico e alle sue autenticitàLa sincerità del suo stile si è dimostrata la chiave del meccanismo. Non abbiamo dovuto costruire nulla, ma siamo andati a sottolineare quelli che abbiamo ritenuto fossero i suoi punti di forza della sua immagine e della sua storia di cui si sentiva rappresentato: i colori, le fantasie delle stoffe africane, l’attaccamento alle radici con una visione contemporanea. Per questo il suo stile fu, a pieno titolo, concorde agli ideali del filone “Afropunk”. 

L’Afropunk è uno stile di vita legato alle culture Black, con spirito rivoluzionario, paragonabile a quello della cultura punk anni 70. Si rifà ai movimenti di protesta dei Neri in USA tra gli anni 60/70. I seguaci di Afropunk sono identificati a partire dal modo di vestire, alla musica che ascoltano, fino ad uno specifico pensiero politico.

L’immagine che vogliamo trasmettere, realistica e per nulla costruita, anzi “de-costruita” da una serie di stereotipi, è quella di un giovane (afro) italiano, o italo-senegalese oppure senegal-italiano.

Può indossare, per esempio, stoffe tradizionali con gusto contemporaneo e futuristico. Trattare tematiche affini al mondo dei coetanei, legate alla sua terra d’origine, il Senegal, con allegria, ma anche malinconia, ma non per forza si limita a ciò. Infatti il principio della sua musica non è per forza limitante al suo essere afro discendente, e quindi legato ad una serie di tematiche “impegnate”, anzi fare semplicemente musica, anche affrontando tematiche leggere, e regolarizzarne la semplice modalità è il nostro obiettivo. Le nostre intenzioni non sono mai state quelle di legare il suo personaggio pubblico a tematiche politiche: “io faccio musica, non politica”, ci disse in uno dei primi incontri.

Resilienza” è stato uno dei suoi primi temi affrontati: la capacità di reagire ed emergere di quelli come lui, nonostante le avversità.

5. I primi videoclip in Senegal: commissione, progettazione, creazione.

Dalla prima raccolta musicale di Oumar, sono stati selezionati i primi due brani musicali da far uscire accompagnati da videoclip. Poi, sono diventati 5. 

I primi due sono caratterizzati da sonorità e mood opposti: “Maldafrica”, più malinconico, e “Sabar” più “festaiolo”. 

Il primo tratta la tematica dell’Africa, come un continente lontano e amato, vista dagli occhi di un giovane che, nonostante ci sia nato, si ritrova a guardarla con la malinconia di non averla mai conosciuta a fondo, essendo cresciuto in Italia. 

Il secondo tratta, con melodie più “prese bene”, le caratteristiche del quartiere da cui proviene Oumar, Pikine: i colori, le contraddizioni, le feste, la povertà, i sorrisi, i piatti tradizionali. Ma anche stila una serie di clichè che compongono la visione stereotipata dell’”occidentale medio”. 

Nel nostro immaginario i video non potevano che essere girati in Senegal. Dopo la conferma e il via libera da parte della label, ci siamo attivati sul lato logistico contattando i vari players italiani: l’agenzia di viaggio, la videomaker, il produttore (per ultimare i brani).

Con Megan Stancanelli, dopo alcuni briefing e brainstorming abbiamo steso un “moodboard”, un elenco di location, azioni, outfit e palette di colori abbinati ad esse, personaggi, idee e referenze. È stato esplicitamente deciso di non creare una “storyline” definitiva per non limitare gli stimoli artistici che ci sarebbero venuti direttamente in loco e per rimanere elastici nell’eventualità ci fossero stati problemi in un territorio che, ancora nel 2019, non conoscevamo fisicamente.

Dall’Italia verso il Senegal, sono stati contattati: una decina di comparse, due operatori di droni, due sarti, un autista. 

L’alloggio ci è stato offerto dalla famiglia di Oumar, nelle periferie della capitale Dakar, nel suo quartiere, per l’appunto, Pikine.

Siamo stati in Senegal per dieci giorni, alla fine del Settembre 2019, prima della pandemia del Covid 19. Pieni di speranze nell’avvenire musicale e nelle uscite che erano state programmate per l’Aprile 2020 seguente. 

In quei giorni siamo riusciti a concludere e consegnare alla label per tempo entrambi i video. È stato un lavoro molto faticoso: lavorare in condizioni estreme a livello climatico, nel periodo più caldo del Senegal, ambientale e di comfort: organizzare artisticamente e logisticamente le situazioni in un’altra lingua (nessuno di noi, neanche Oumar, all’epoca parlava francese o Wolof, ancora…), amministrare il budget a distanza con un cambio diverso da quello della moneta europea, lavorare con 42 gradi Celsius, cercare i rifornimenti e le attrezzature adatte alle riprese, per esempio.

Diario di bordo di Silvia - Senegal set. 2019

“23/09/19

Siamo al 3 giorno qui. È una terra magnifica. Oggi andremo all’isola di Gorée.

La prima notte, siamo subito state accolte calorosamente: ci sono venuti a prendere Abou e Oumar all’aeroporto, abbiamo salutato la famiglia, che risiede nel quartiere Pikine, abbiamo comprato un hamburger ma… C’era anche il pollo con il riso e le patate, da mangiare in cerchio, e con le mani.

Abbiamo una nostra stanza, ci hanno messo dentro un piccolo frigorifero tutto per noi. La “doccia” non c’è, è catino e ciotola way.

Il 21 è stata una giornata di orientamento, dove abbiamo semplicemente girato il mercato del cibo (mosche, mosche e mosche su carne, pesce, verdure e spezie), quello delle chincaglierie…

Poi siamo andati a ritirare i vestiti di Oumar per la scena nel deserto all’Atelier (Oumar stranamente si è innamorato anche della sarta, Fatu…Bellissima, in effetti.).

Poi siamo andati lungo mare fino alla statua Monument de la Renaissance, gigantesco ed imponente, la punta del dito del bambino punta esattamente le coordinate della statua della libertà.

Abbiamo fatto un bel tour in macchina e, arrivati a casa, Oumar ci ha abbandonate un secondo per andare a sistemare delle faccende di famiglia. In questo lasso di tempo credo sia successa una delle cose più belle della mia vita.

IL SABAR.

Astou ci prende per mano, usciamo di casa, sembra un segreto. Piedi nella terra, “senti i tamburi in lontananza?” . L’energia che riempie quell’angolo polveroso di quartiere. Un cerchio, enorme, colori, stoffe, terra rossa., Tamburi e fuoco.

Calpestano la sabbia, l’energia che infuoca l’aria e il sudore sulla pelle. E mi tirano dentro, ho deciso che ballerò. Mi tremavano i piedi, ma era troppo forte dovevo rimanere lì e i tamburi andavano al mio ritmo.

Siamo tornate a casa, ero sudatissima ed elettrizzata.

Non mi ricordo se quel giorno avessimo mangiato pesce e riso.

Comunque ieri, siamo andati al Lago Rosa dopo essere stati all’Atelier di Radji Radji e ci siamo fatte fare su misura dei completi bellissimi, spero!

Al Lago Rosa è stata un’avventura, a parte aver mangiato alle 17:30, abbiamo affittato la piroga e abbiamo buttato Oumar in acqua con suo nipote Humzah per la scena di Maldafrica.

Dopo abbiamo affittato anche due quod per le scene di Sabar.

È stata una giornata interessante e stancante, davvero.

Abbiamo cenato con fish and chips e cipolle caramellate (Yassa Poisson) ieri sera a mezzanotte e passa, dopo aver lavato a mano i vestiti, strizzati e stesi sul tetto.

Ora direzione Goreé.

Vocabolario imparato: 

Adouna Amoul Solo= una specie di “akuna matata” (La vita non ha problemi)

Jerejef: grazie

Kayl: vieni

Demal: vai

Wakh: dire/parlare

Balma: excuse me

May ma ndokh, ma nan: dammi l’acqua che bevo 

Rakhal say lokho: lavati le mani

Nu tu du: come ti chiami

Dama sonn: sono stanco “

Check Out Related Posts